Pace Sociale 27 gennaio #Sulla Memoria
Puntata dedicata al concetto di memoria. Cominciamo la puntata in compagnia di Bruno ricordando la data del 27 gennaio 1945, quando le truppe sovietiche dell’Armata Rossa liberarono i prigionieri del campo di concentramento di Auschwitz in Polonia. Non solo ricordiamo chi morì nei campi di concentramento nazisti: oppositori politici al nazifascismo, ebrei, rom, omosessuali, disabili, ma sottolineiamo che lo sterminio di milioni di persone non fu opera di “un pazzo” solitario -Hitler- come spesso a scuola raccontano, ma fu responsabilità della borghesia che si dotò dello strumento del nazifascismo per difendere il suo potere. (A tal proposito consigliamo la lettura de “L'(ir)resistibile ascesa al potere di Hitler” di K. Gossweiler, rieditato nel 2008 dalla casa editrice Zambon).
Diamo anche dei cenni “per rinnovare la memoria” anche di tutti i cittadini slavi che morirono nei campi di concentramento fascisti e cerchiamo di inquadrare cosa significa oggi il termine “memoria condivisa” ovvero pacificata. Ripercorriamo infatti alcune delle recenti produzioni “culturali” quali “Magazzino 18” di Cristicchi, “Il segreto d’Italia” di Belluco e il prossimo “Rosso Istria”, denunciando il “pensiero unico” (anticomunista e antipartigiano) di cui sono espressione e il fine ultimo della riabilitazione del fascismo.
Concludiamo leggendo un breve stralcio di un contributo del collettivo Wu Ming pubblicato nel testo edito Kappavu “Da Sanremo alle foibe” che vi consiglieremo nella prossima puntata in compagnia di Claudia Cernigoj.
“La memoria condivisa è in realtà smemoria collettiva, una rinarrazione della storia italiana che finge di voler mettere d’accordo tutti, siano essi oppressori ed oppressi; sfruttatori eredi di sfruttatori o sfruttati eredi di sfruttati; nipoti di italiani che combatterono agli ordini di Graziani (cioè di Hitler) o nipoti di italiani trucidati dai nazifascisti. Non devono più esserci destra e sinistra, ragioni buone e cattive, scelte giuste e sbagliate. Soprattutto, non deve esserci più lotta. A sostituire tutto questo, una marmellata di “opinioni” preventivamente rese innoque, neutralizzate. Tutti abbiamo avuto le nostre vittime, e le vittime sono vittime, i morti sono tutti uguali ecc. Frasi come “i morti sono tutti uguali” significano in realtà: tutte le storie si equivalgono, una scelta è valsa l’altra, chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato e chi cazzo siete voi per dirci cosa dobbiamo fare, non ci rompete i coglioni. I morti saranno forse “tutti uguali”(qualunque cosa significhi) ma sono diverse- a volte opposte e inconciliabili- le cause per cui si muore. Se non si riconosce questo, l’uguaglianza tra i morti è solo una supercazzola per difendere un sistema basato sulla disuguaglianza tra i vivi. (…) Ma c’è di più di questo: chi controlla il passato controlla il presente. Imporre un orizzonte fintamente pacificato serve a rendere inaccettabile l’idea del conflitto sociale, e quindi a criminalizzare quest’ultimo quando inevitabilmente si manifesta”.
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