Editoriale 2 marzo

“Il momento è delicato, sanno che se vogliono aprire i cantieri a Susa il movimento dev’essere spezzato e ridimensionato. Per questo è importante continuare ad andare in Clarea e non lasciar dormire tranquille le truppe d’occupazione come è stato fatto. Il giorno o la notte che decideranno di aprire un altro cantiere in Valle lo faranno dispiegando un gran numero di uomini e mezzi, convinti di impressionarci ed annichilirci con la loro forza. Occorrerà essere vigili e tenere sempre gli scarponi ingrassati. Consapevoli che chi si ribella, per natura, avrà sempre un’idea in più di chi ha deciso di vivere sotto un superiore.
Nessun dispositivo è imbattibile, i posti di blocco si possono aggirare, le reti tagliare e i jersey ribaltare.”

Claudio, compagno No Tav tuttora in carcere

La chiamata nazionale per la valle prevista per lo scorso sabato si è concretizzata in una grandissima giornata di mobilitazione che ha attraversato il paese per opporsi alla criminalizzazione delle lotte popolari e in solidarietà a Chiara, Claudio, Niccolò e Mattia e agli altri compagni ancora detenuti ai domiciliari del movimento Notav, una mobilitazione che ha anche avuto il grande pregio di collegarsi agli altri movimenti come quelli di lotta per la casa, dei lavoratori, dei precari, dei comitati territoriali, degli studenti. Come compagni di Radiazione, abbiamo pensato, oltre ai collegamenti e ai programmi che hanno dato voce, trattano e sostengono la resistenza no tav, di proporre per questo mese un editoriale sulle lotte popolari che proseguono determinate nella difesa del territorio e contro la repressione.

Sul fronte interno

Con gli arresti dei 4 compagni No tav dello scorso 9 dicembre lo stato ha alzato il tiro, estendendo ulteriormente la definizione di terrorismo. Dall’articolo 270 di memoria fascista, lo stato ha articolato il 270 bis in funzione controrivoluzionaria, passando successivamente a colpire anche la solidarietà. Oggi, in quest’ottica di estensione della definizione di terrorismo, l’articolo 270sexies del codice penale considera come finalizzate al terrorismo le condotte che “possono arrecare grave danno ad un paese o ad un’organizzazione internazionale e sono compiute per intimidire la popolazione o costringere i poteri pubblici o un’organizzazione internazionale a compiere o astenersi dal compiere un qualsiasi atto o destabilizzare o distruggere le strutture politiche fondamentali, costituzionali, economiche e sociali di un Paese o di un’organizzazione internazionale, oltre che le altre condotte definite terroristiche o commesse con finalità di terrorismo da convenzioni o altre norme di diritto internazionale vincolanti per l’Italia”. Quindi nel caso dei 4 compagni l’accusa di danneggiamento loro rivolta per sabotaggio viene trasformata in condotta terroristica. A questo proposito ascolta l’intervista all’avv. Pelazza, un interessante contributo riproposto al termine della puntata.

La giornata del 22 è stata un’altra importante tappa di lotta e solidarietà, certo non l’ultima, della lotta No Tav in cui una massiccia partecipazione eterogenea ha dimostrato il livello di consapevolezza e determinazione che caratterizza questa lotta, non solo in difesa di una porzione di territorio, come i media di regime hanno spessissimo cercato di far credere, ma una lotta anticapitalista che ha mostrata la sua maturità politica concretizzatasi ulteriormente nella grande solidarietà dimostrata ai 4 compagni rivendicati parte integrante del movimento no tav.

Ma perchè lo stato si accanisce tanto contro il movimento no tav?

Per lo stato, espressione dei grandi gruppi capitalistici, non è possibile rinunciare a quest’opera, inutile per i proletari, ma strategica per la borghesia imperialista che utilizzerà ogni metodo per difenderne la realizzazione.

La repressione più affinata e più pesante a danno del movimento- tramite arresti, denunce, maxi multe, fogli di via- infatti va contestualizzata nell’attuale scenario politico in cui, per la terza volta, un governo non eletto si appresta a varare misure sempre più antipopolari nel tentativo di risollevare il sistema dalla crisi che lo sta attanagliando, e conseguentemente mettendo a tacere chi alza la testa. Non è un caso che siano passate in sordina, all’interno del cosiddetto “decreto sul femminicidio”, le “Disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province”. Ovvero una serie di norme tramite le quali lo stato militarizza e devasta i territori in nome della vigilanza di siti e obiettivi sensibili, criminalizzando e reprimendo i percorsi di autodeterminazione e di resistenza.

Si scrive “Sicurezza integrata per lo sviluppo” come obiettivo dello stato ma si legge disciplina e repressione delle forme di resistenza che si oppongono realmente alla violenza dello stato.

Inoltre nel caso di un forte movimento come quello no tav- ma anche nel movimento No Muos e nel No Elcon- non sono mancati i tentativi di infiltrazioni da parte dei fascisti -puntualmente respinti. Anche essi fanno parte dell’apparto controrivoluzionario che la borghesia mette in campo parallelamente alla repressione giudiziaria per mantenere ben saldi il potere e il controllo sociale.

Così come il movimento no tav si richiama ai valori partigiani della resistenza, il Movimento No MUOS- che da anni contrasta l’installazione di questo strumento di guerra dannoso per il territorio e la popolazione- pur nella varietà della sua composizione ha sempre avuto come cardine il valore dell’antifascismo, a cui tutti i suoi militanti si rifanno. -Quando lo scorso dicembre, infatti, un gruppo di appartenenti ad organizzazioni e/o partiti di matrice fascista (che negli anni avevano appoggiato ed elargito autorizzazioni per la costruzione del MUOS) ha tentato di infiltrasi nella lotta indicendo un corteo mascherati dietro la sigla “Rete No Muos”, il movimento li ha immediatamente respinti e contrastati.

In questa fase, come ben vediamo, lo stato mira infatti a colpire chi alza la testa: i lavoratori (come gli operai, i facchini e i corrieri), i comitati territoriali (dalla Valsugana alla Romea), chi pratica il diritto alla casa; si tratta di lotte in grande sviluppo ma ancora slegate tra di loro. Oggi in Italia il movimento no tav è l’esempio più alto di lotta che tende invece a collegare queste esperienze, consapevoli che la loro battaglia non riguarda solo una montagna, ma la lotta contro un intero sistema/un modello di sviluppo.

Infatti non solo ha saputo mantenere una forte unità, ma addirittura il movimento no tav è diventato un centro di mobilitazione per tutta l’Italia anche contro la repressione e contro il carcere.

Sul fronte esterno

si conferma una lotta anticapitalista e antimperialista che contrasta gli interessi della borghesia imperialista europea ed italiana tesi ad una più ampia circolazione di capitali e merci nel vecchio continente e in particolare al collegamento dei centri direzionali (centro ovest dell’Ue) con le periferie (i paesi dell’est). I grandi capitalisti dei poli europei come Germania, Francia e Italia mirano a trovare manodopera a basso costo ad est e a sud, a espandere il proprio investimento di capitali e a collegare più velocemente le zone di produzione con quelle di distribuzione e di direzione, accaparrandosi nuovi mercati.

Esempio dell’allargamento ad est del capitalismo monopolista dell’Ue è il caso degli operai della Zastava in Serbia, prima bombardati dalla Nato e poi sfruttati dalla Fiat di Marchionne che contemporaneamente smantella i diritti degli operai negli stabilimenti italiani.

Se, come dimostra il caso della Serbia, la guerra non è altro che la continuazione delle politiche economiche di sfruttamento con altri mezzi, così l’Alta velocità è strettamente connessa alla guerra imperialista sotto vari piani.

L’invio degli alpini a Chiomonte direttamente dall’Afghanistan, la presenza dei corpi speciali dei carabinieri, mezzi corazzati e carrarmati, la militarizzazione della Valle con check point e filo spinato come nei paesi occupati, la decisione di rendere il “non cantiere” tav sito di interesse strategico nazionale sono esempi che dimostrano come la dialettica tra il fronte interno della repressione e il fronte esterno della guerra sia sempre più stretta.

La Nato infatti spinge per la creazione del tracciato europeo della Tav da ovest a est per favorire una maggiore penetrazione del Patto Atlantico in Europa orientale: proprio in una fase in cui la contraddizione interimperialista tra le vecchie potenze occidentali e le nuove potenze come la Russia si fa sempre più antagonista con il peggiorare della crisi.

E’ chiaro che la Nato miri a rendere più veloce lo spostamento di truppe da una base Usa all’altra e a istallarne di nuove nell’Europa dell’Est. Solo in Italia il Tav collegherebbe tra loro l’aeroporto militare di Ghedi- Brescia, dove ci sono 40 ordigni nucleari dell’esercito yankee, il comando Nato del Garda e di Verona, camp Ederle a Vicenza, passando anche vicino ad Aviano che contiene altri 50 ordigni nucleari.

Passando infine ai mandanti, cioè ai gruppi monopolisti e alle grandi aziende italiane, è chiaro come siano impegnati a fare profitto sulla pelle dei popoli. Pensiamo alla CMC (Cooperativa Muratori Cementisti di Ravenna): dal tav in val Susa alla base Usa Dal Molin, dalle infrastrutture per i missili di Sigonella, all’ampliamento di Camp Derby, le ragioni per contrastare questa cooperativa “rossa”- di sangue- sono molte.

Altra azienda italiana alla ricerca di profitto in Val di Susa è la Pizzarotti & co. SPA di Parma che incassa anche milioni di euro dall’indennità di requisizione, dalla manutenzione e dalla fornitura di gas ed energia elettrica al Cara di Mineo (Catania), diventato il più grande centro per richiedenti asilo d’Europa. Esempio che testimonia il legame inscindibile tra guerra e profitto, concretizzato sia sulle terre bombardate sia all’interno dei centri imperialisti da cui partono i caccia. Ricordiamo che la Pizzarotti è implicata anche nei lavori per la costruzione del Tav Tel Aviv-Gerusalemme, rendendosi complice degli abusi dello stato sionista. Questo progetto si iscrive nella politica genocida sionista di lungo periodo che mira al trasferimento forzato del popolo palestinese e alla sua eliminazione. I No TAV hanno apertamente condannato il progetto e coloro che ne hanno preso parte, e il 27 dicembre dello scorso anno il Consiglio comunale di Villar Focchiardo (TO) ha ufficialmente deliberato contro la società parmense per il suo coinvolgimento nella realizzazione del progetto.

Ma assai più forte dei loro interessi è il legame di solidarietà che unisce chi lotta: contro le logiche del capitale, contro la militarizzazione del territorio, contro il continuo saccheggio delle guerre imperialiste, così in oriente come in occidente.

E’ anche questo che rende la lotta No Tav tanto pericolosa agli occhi della borghesia imperialista: la capacità che il movimento ha acquisito di confrontarsi e sviluppare con la resistenza di altri popoli, anche lontani, una solidarietà internazionalista. Tanti sono stati gli esempi, come la scelta di aprire un dialogo con i Palestinesi, dialogo che ha evidenziato similitudini non solo in aspetti esterni come i check-point, ma anche nella comune esperienza di lotta in difesa della propria terra.

E’ con questo spirito che i No Tav hanno scritto una lettera ai compagni del Partito Comunista Maoista dell’India, dove, nel marzo 2012, erano stati sequestrati Claudio Colangelo e Paolo Bosusco (poi liberati).“Abbiamo conosciuto la grave situazione del vostro popolo e delle vostre terre, abbiamo capito i sentimenti e la voglia di libertà che vi anima nel lottare e richiedere la liberazione dei vostri compagni in carcere […]. Non vi chiediamo nulla di particolare se non di avere rispetto e cura per due uomini che siamo sicuri essere molto diversi dagli uomini che stanno rubando la vostra terra e che voi giustamente combattete”

Ricordiamo poi, a proposito di antimperialismo, come anche il movimento No Muos si sia da sempre espresso a sostegno dei popoli oppressi, come quello palestinese e quello siriano. Recentemente, infatti, il comitato NoMuos di Catania ha rifiutato la sponsorizzazione della cantante Noa, perchè in più di un’occasione (ad esempio durante l’operazione Piombo Fuso) si è dimostrata vicina alle posizioni del governo israeliano.

Nel settembre scorso, durante la minaccia dell’attacco alla Siria da parte degli Usa e dei suoi alleati, hanno lanciato una mobilitazione contro quello che hanno definito “l’ennesimo massacro mascherato da intervento in difesa dei “diritti umani”. E la Sicilia, fisicamente avamposto militare strategico rispetto ad Africa e Medio Oriente, di queste “missioni umanitarie” ne ha viste partire parecchie, basti pensare all’attacco in Libia del 2011, o all’aggressione in Mali.

No TAV e No Muos sono oggi due grandi esempi di solidarietà di classe e di lotta concreta che hanno mantenuto la loro forza portando avanti i propri contenuti con coerenza e senza scendere a compromessi.

Pur senza perdere compattezza, e resistendo a numerosi tentativi di disgregazione secondo la solita formula borghese del divide et impera, sia il movimento No TAV che il movimento No MUOS hanno saputo vedere oltre la semplice problematica di carattere ambientale, legata ad un contesto locale e quindi per forza limitato. Essi hanno invece raccolto e sviluppato i contenuti dell’anticapitalismo, dell’antimperialismo e dell’opposizione alla guerra, portandoli nelle lotte territoriali e facendone il loro punto di forza.

11:00:00-Editoriale di Radiazione – 2 marzo – diretta-64kbps