Editoriale 22 ottobre

LOGO-28NAZLA BUONA SCUOLA…PER LO SFRUTTAMENTO DI STUDENTI E LAVORATORI 

Come compagn@ di RadiAzione, con gli obiettivi di contribuire all’informazione di classe e al rilancio delle lotte, abbiamo approfondito il nuovo attacco all’istruzione pubblica, concretizzatosi nella proposta governativa “La buona scuola”; a questo proposito abbiamo realizzato alcune interviste durante il corteo cittadino di venerdì scorso, dando voce direttamente a studenti e lavoratori. Proprio la nostra città è teatro di una sempre più martellante campagna contro i portatori di “degrado”: i senzatetto, i mendicanti e i profughi arrivati da quei paesi martoriati dall'”esportazione della nostra democrazia”. Pensiamo invece che il degrado sia quello denunciato da migliaia di studenti e lavoratori scesi in piazza, rappresentato dalle aule fatiscenti, dai crolli (come al Liceo Artistico “Selvatico”) dalla precarietà lavorativa e dalla carenza dei più elementari servizi. Per analizzare meglio la scuola pubblica oggi, abbiamo scelto di dedicare a questo tema il nostro quinto editoriale. 

 

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La “buona scuola” è un documento di 136 slide, definito da Renzi una “rivoluzione”. Dietro agli hastag, alle visite del mese scorso nelle scuole (a cominciare da Treviso) e alle promozioni di partecipazione dal web, si palesa la naturale continuazione della politica della nostrana classe dirigente, già sperimentata con i precedenti governi. Non è una riedizione, ma un attacco ancor più profondo che mira ad una radicalizzazione dei processi di privatizzazione e aziendalizzazione in atto da anni all’interno della scuola.

Non a caso Confindustria ha presentato le 100 proposte sulla “buona scuola” dichiarando l’aperto sostegno a Renzi, analogamente a quello dato per il Jobs Act e per lo smantellamento dell’articolo 18. Le proposte dei padroni mirano in primis ad un “collegamento efficace con il mercato del lavoro” considerando la scuola uno “strumento di competitività per le imprese”. In particolare, per Confindustria, la formazione professionale è “una seconda gamba gracile mentre si investe poco sugli Istituti Tecnici che hanno mostrato di funzionare”. Detto fatto, all’interno della “Buona Scuola” del governo viene inserito l’obbligo di apprendistato- non retribuito- per gli studenti degli istituti tecnici-professionali che mira ad ottenere un’enorme massa di giovani competenti da poter sfruttare a piacimento, mentre la formazione di alta qualità sarà indirizzata solo ad alcuni liceali, futuri studenti universitari. Si tratta quindi di una scelta classista che riserverà l’accesso all’istruzione universitaria solo a chi ha le possibilità economiche, mentre migliaia di studenti proletari verrebbero da subito inseriti nel sistema dell’alternanza “scuola-fabbrica”.

In questo contesto le aziende private potranno attingere a lavoro gratuito, vantandosi pure di favorire insegnamenti pratici agli studenti. Inoltre la loro ingerenza nella scuola sarà agevolata dalla mancanza di fondi nella stessa. Anche per la formazione dei docenti, il Primo Ministro ha dichiarato che sarà compito di ciascun istituto attrarre capitali privati; va da sè che i dirigenti scolastici avranno pieni poteri per utilizzare i fondi secondo l’influenza dei privati che “sponsorizzano”. A ciò si sommano i problemi ormai cronici che gli studenti proletari vivono: il sovraffollamento delle classi, le strutture fatiscenti, il caro libri, fino al caro trasporti. Il risultato scontato è un calo della qualità dell’insegnamento, calo che pesa in primis su tutti coloro che non possono economicamente sostenere delle ripetizioni private.

Non va meglio agli insegnanti che, se raggruppati nell'”organico funzionale”, lavorerebbero di più, in strutture scolastiche differenti di giorno in giorno, a seconda dei buchi da coprire, percependo lo stesso stipendio, analogamente al tristemente noto “modello Marchionne”. Infatti, nelle intenzioni del governo, i precari dovrebbero sparire, ma non per assumerli, bensì per far coprire le supplenze agli insegnanti di ruolo.

E’ vero che, complice il fatto che uno dei bacini di voti del PD è il corpo docenti, Renzi ha promesso prima 100.000 e poi 150.000 assunzioni di precari, ma ciò che è sicuro è che i neoassunti, stando ai piani del governo, dovrebbero collocarsi in una logica concorrenziale (e di ricatto) rinunciando agli scatti di carriera di anzianità, a favore di quelli legati a un non meglio precisato “merito”. Anche sotto questo aspetto le indicazioni di Confindustria sono state precise: le linee guida elaborate dovrebbero premiare gli insegnanti, permettere di costruire loro una “carriera personale basata sul merito e sui risultati ottenuti”.

Sul finire del percorso scolastico lo studente medio dovrà poi pagare il test d’ingresso (o pagare pure il ricorso per essere ammesso) per accedere all’Università e poter seguire le lezioni in aule sovraffollate, magari in streaming. Un esempio è l’Università di Padova, dove spesso l’aula per una lezione non è sufficiente ad accogliere tutti gli studenti e una parte viene fatta accomodare in un’altra stanza, dotata di sistema audio-video, dove ascoltare la spiegazione del professore, tra l’audio che va e viene e l’ovvia impossibilità di poter chiedere direttamente chiarimenti al docente. Oggi, nello stesso ateneo, il pasto alla mensa è aumentato di 10 centesimi e soprattutto sono stati costruiti complessi faraonici, come il “Fiore di Botta”, quando numerosi edifici, quali lo studentato Fusinato o l’ex mensa Marzolo, sono lasciati a marcire.

Sul piano nazionale sono molti gli enti che non garantiscono i più elementari diritti: un esempio è l’Ente Regionale per il Diritto allo Studio Universitario che, a Cagliari, ha pubblicato le graduatorie definitive per l’accesso ai posti alloggio nelle case dello studente e alla borsa di studio, escludendo numerosi studenti definiti “idonei non beneficiari”, ovvero studenti in possesso dei requisiti, ma che non accedono al “beneficio” per “insufficienza di risorse disponibili”. Non va meglio in Toscana dove si è registrato un buco di bilancio per il diritto allo studio di 481.000 euro, nonostante la tassa regionale per il diritto allo studio sia aumentata negli ultimi due anni da 98 a 140 euro. La proposta ora di coprire il buco di bilancio entro dicembre (risparmiando 150.000 euro) viene, guarda caso, dai prossimi probabili tagli, in primis sul servizio mensa, oltre alle borse di studio e alle residenze. Di conseguenza scadrà la qualità del cibo per gli studenti, mentre i lavoratori delle mense subiranno una “ristrutturazione”, alias peggioramenti delle condizioni di lavoro o licenziamenti.

In una fase di crisi del sistema capitalista come quella attuale i governi proseguono, in tutti i campi, la politica della privatizzazione dei profitti e della nazionalizzazione delle perdite, continuando a tagliare su sanità, istruzione e stato sociale e favorendo il privato. In particolare i padroni hanno incentivato la scuola privata e tagliato sull’istruzione pubblica, lavorando nel contempo per dividere i lavoratori, con martellanti campagne contro i dipendenti pubblici definiti “fannulloni”, ben sapendo che un popolo senza strumenti e diviso al suo interno è più controllabile. Hanno ripetuto, come un disco rotto, che non ci sono soldi per la scuola, ma milioni di euro sono stati stanziati e spesi per linee Tav o per l’acquisto di cacciabombardieri, blindati freccia, elicotteri, navi da guerra, droni, satelliti spia e quant’altro. Quante scuole si sarebbero potute ristrutturare o costruire, ad esempio a L’Aquila, con questi soldi? Quanti lavoratori si sarebbero potuti assumere? Quanti insegnanti di sostegno si sarebbero potuti garantire?

Così, di fronte a questa situazione, possiamo auspicare il moltiplicarsi degli scioperi e delle lotte, diffuse ma ancora slegate e isolate tra loro e una risposta all’altezza da parte degli studenti e dei lavoratori, dagli insegnanti, ai collaboratori scolastici e tecnico-amministrativi, agli addetti mensa. L’unità tra studenti e lavoratori ha sempre fatto molta paura alle classi dirigenti, consapevoli (loro sì!) delle enormi potenzialità di un’unione che può essere in grado di mettere in discussione questo tipo di sistema, contro la svendita della scuola pubblica.