Il Teatro Valle e le nuove fucine culturali

Negli ultimi mesi si inizia parlare sempre più spesso di diritti d’autore, teatri occupati, artisti che rifiutano la SIAE e, dal basso della mia ignoranza, mi sono sentito in dovere di guardarmi un po’ attorno per cercare di capire cosa sta succedendo. La mia curiosità inizia a Novembre dalla notizia di Cesare Basile che, “disgustato dalla SIAE”, rifiuta il premio Tenco. La scelta del cantautore è in polemica con la società degli autori per gli attacchi contro il Teatro Valle occupato, il Teatro Coppola e le altre realtà autogestite.

Il racconto di quanto è successo è nel file qui a fianco mentre la documentazione completa la trovate qui sotto. -> Teatro valle

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Cos’è il Teatro Valle?
Il palazzo che ospita il Teatro Valle di Roma fu costruito intorno al 1530, inizialmente adibito ad uso residenziale viene trasformato in teatro nel 1727.
E’ il teatro più antico della Capitale. Seicento posti tra palchi e platea, un gioiello che vide la prima assoluta, nel 1921, dei Sei personaggi in cerca d’autore di Pirandello.
Dal 14 giugno 2011 il teatro è occupato per protesta da lavoratori dello spettacolo affinché lo stesso venga mantenuto pubblico attraverso partecipazione popolare e gestito con criteri di trasparenza. Come “Teatro Valle Occupato” ha ricevuto nel 2011 il Premio Speciale Ubu per l’esempio di una possibilità nuova di vivere il teatro come bene comune.

Perché occupare il teatro?
“Fondi pubblici mal distribuiti, soppressione di enti inutili, scioperi del lunedì. Lavoratrici e lavoratori dello spettacolo senza diarie e sussidio di disoccupazione. Burocrati ben saldi, artisti senza soldi. Politica del grande evento, Teatro della miseria.” Questo quanto comunicato dagli occupanti che ritengono che “Occupare è una pratica politica collettiva, un gesto di riappropriazione che istituisce uno spazio pubblico di parola.”. L’obiettivo è di trasformare il Valle in “bene comune” e aprirlo a “nuovi modelli di gestione dello Spettacolo dal vivo”.

Perché allora Basile rifiuta il premio Tenco?
Poteva essere l’apice della carriera da cantautore di Cesare Basile, però ha risposto picche: eletto vincitore del prestigioso premio Luigi Tenco, si rifiuta di andarlo a ritirare. Il motivo? La presenza della Siae tra i partner del premio, aspra fustigatrice del Teatro Valle, e delle altre realtà occupate d’Italia. Un atteggiamento, quello della società presieduta da Gino Paoli, che ha disgustato Basile, ispiratore dell’occupazione del Teatro Coppola di Catania.
Tutto iniziò quando il Club Tenco di Sanremo, preso atto del forte contrasto emerso tra il Teatro Valle di Roma occupato e la Siae, ha deciso di annullare la manifestazione “Situazioni di contrabbando” programmata al Teatro Valle nei giorni 29 e 30 novembre. Non avendo la competenza tecnica per entrare nel merito dei gravi motivi di contrasto, il Club ritiene comunque di non dover alimentare, per la sua parte, attriti e polemiche, e per questo rinuncia serenamente ad un evento che potrebbe acuire il dissidio tra le due parti.

Chi è Basile?
Negli anni ’90 con i suoi Quartered Shadows è arrivato ad aprire il concerto dei Nirvana a Berlino, poi sono arrivate le collaborazioni con Nada, Massimo Volume, Hugo Race, Kamil Carlens. Quindi il ritorno in Sicilia, la creazione dell’Arsenale, network di artisti siciliani, l’occupazione del Teatro Coppola di Catania e quella del Teatro Garibaldi a Palermo. In mezzo l’incisione dell’ultimo album, intitolato a se stesso e cantato completamente in siciliano. Un lavoro definito positivo dalla giuria del premio Tenco, che lo ha infatti insignito della targa riservata al miglior album in dialetto. Basile, però, non ha apprezzato l’atteggiamento della Siae, che negli ultimi tempi ha censurato le esperienze dei teatri autogestiti italiani.
“I recenti attacchi del presidente della Siae Gino Paoli e del suo direttore generale Gaetano Blandini contro il Teatro Valle occupato e le altre esperienze autogestite sul territorio italiano (il Teatro Coppola – Teatro dei Cittadini fra queste) mi hanno profondamente disgustato per toni e arroganza. Attacchi dai quali traspare, tra l’altro, una chiara e ben orchestrata richiesta autoritaria di ripristino della legalità che altro non è che un’esortazione allo sgombero”, spiega il cantautore etneo in un post su Facebook, argomentando la propria scelta con un ragionamento più ampio rispetto alla semplice querelle con la Siae. “Viviamo da troppo tempo e con sconcertante naturalezza l’era delle tre scimmie – dice Basile – la viviamo adeguandoci alla goffaggine che genera complicità, paghi del piatto di minestra che la carità del Potere ritiene di assegnarci ai piedi della sua tavola. Non vedo, non sento, non parlo. Tuttalpiù faccio un salto di fianco e lascio che la cosa passi. Strana pratica per un mestiere che è fatto esclusivamente di vedere, sentire e parlare. Strana pratica per chi ha scelto il racconto come segno della propria esistenza”.
La goccia che ha fatto traboccare il vaso è rappresentata soprattutto dal fatto che il Club Tenco ha deciso di disertare un incontro organizzato proprio dal Teatro Valle. “Sabato 30 Novembre – racconta Basile – avrei dovuto partecipare, insieme ad altri musicisti, a una manifestazione organizzata dal Club Tenco e dal Teatro Valle. In seguito allo scontro con la Siae, il Club Tenco ha cancellato questa manifestazione dalla sua agenda. Essendo la Siae partner importante del premio Tenco non viene difficile capire il perché di questo passo indietro. Ma se il Club Tenco ritiene di dover sottostare a un ricatto e fare un passo indietro per non acuire il dissidio tra le due parti, io reputo opportuno farne uno in avanti per sottolinearlo, questo dissidio: conflitto fra chi vuole una cultura liberata e chi, invece, la cultura vuole amministrarla per mantenere privilegi”. Il privilegio di finire nello stesso albo d’oro di Franco Battiato e Mauro Pagani evidentemente però non entusiasma più di tanto Basile. Che l’8 dicembre diserta la premiazione di Bari, tenendosi ancora una volta lontano dall’appuntamento col grande pubblico.

La notizia del rifiuto di presentarsi a ritirare il premio Tenco di Basile è stata accolta favorevolmente da altri artisti, in particolare dagli Afterhours che erano stati invitati quali ospiti d’onore alla serata dell’8 Dicembre al Petruzzelli di Bari per la premiazione ufficiale delle Targhe Tenco 2013, ma, dopo il rifiuto del premio da parte del cantautore siciliano, anche gli Afterhours di Manuel Agnelli hanno deciso di disertare la serata.
La motivazione, apparsa in un lungo comunicato Facebook sulla pagina ufficiale della band, inizia proprio con un messaggio di solidarietà a Cesare Basile e prende posizione nell’ambito della tanto discussa questione delle realtà dei teatri occupati e autogestiti, sollevata proprio dal cantautore siciliano nella sua spiegazione di rifiuto del premio, fino a toccare l’annosa questione della macchina burocratica della SIAE che tende a soffocare le piccole realtà musicali.

Questo il comunicato integrale degli Afterhours pubblicato il 28 Novembre in tarda mattinata:
“In solidarietà con l’artista Cesare Basile ed ai teatri occupati, gli Afterhours declinano l’invito a partecipare in qualità di ospiti a sorpresa al Premio Tenco, in occasione della premiazione che si terrà l’8 dicembre al Teatro Petruzzelli di Bari.
Dispiace che il premio più prestigioso della musica italiana, che era riuscito negli ultimi anni a riavvicinarsi alle realtà più vere della scena nazionale, dimostri di non poter prendere posizione a tutela di quelle stesse energie che vuole rappresentare.
Quanto alla SIAE, deve decidere se vuole essere parte di un cambiamento necessario e improrogabile che dia a tutto il settore musicale e culturale una nuova spinta, o se vuole essere una delle cause che lo stanno soffocando.
Le regole sono necessarie, ma non si può chiedere a un cittadino di rispettare quelle che portano al suicidio di un sistema, così come non si può chiedere a un soldato di obbedire a degli ordini ingiusti.
Identificare nel fenomeno dei teatri occupati un problema, invece che una risorsa, è nel migliore dei casi un sintomo di incapacità totale di comprendere la forza rinnovatrice e la volontà di cambiamento espresse da queste nuove energie.
Più in generale nel nostro ambiente, gli eccessi burocratici e l’ossessione per la legalità spesso nascondono speculazioni piccole e grandi e in qualche caso mascherano una lotta di interessi che in questo momento non ha più motivo di essere e sta impedendo, nel nostro paese, il rinnovamento, lo sviluppo e il rilancio delle nuove energie.
Salvaguardare non può voler dire soffocare, a meno che l’unico obiettivo che vogliamo raggiungere non sia quello di morire onesti.”

Come può un teatro occupato ledere i diritti degli artisti tanto da far prendere una posizione decisa alla SIAE e richiederne lo sgombero? Stiamo parlando di una associazione che dovrebbe difendere i diritti d’autore, dovrebbe difendere gli artisti, come si può difendere un artista cacciandolo dal posto in cui lavora?
Gino Paoli, presidente della SIAE, polemizzò con i teatri occupati, in particolar modo con il Teatro Valle, accusandolo di fare concorrenza sleale, perché si rifiuterebbe di pagare il dazio sul diritto d’autore. Affermazioni raccolte dal quotidiano “Il Giornale”.
In particolare, Gino Paoli aveva usato a pretesto proprio un incontro sul diritto d’autore organizzato dal Valle per aprire la polemica: “Non accettiamo accuse di illegalità da chi è chiaramente illegale”. I toni erano stati tutt’altro che sobri e ancora una volta era stato tirato in ballo, in maniera del tutto strumentale Pier Paolo Pasolini: “Mi ricordano i figli di papà di Valle Giulia che, in nome del popolo, picchiavano i poliziotti, ossia i veri figli del popolo. Pasolini l’aveva notato, tra tante polemiche”. In definitiva, secondo Gino Paoli, il Valle, come altri teatri occupati, “gode di vantaggi arroganti perché non rispetta le regole della concorrenza, evade completamente le tasse, non versa i contributi previdenziali Enpals e non rispetta alcuna misura di sicurezza per autori, tecnici e spettatori”.

Scrive Sanfabe su lamusicarock.com: “Queste affermazioni generano però una serie di riflessioni e la prima è la più banale di tutte: il teatro è in crisi perché il Valle è occupato? L’occupazione del Valle alimenta la crisi? Questo concetto sembra andare un po’ in controtendenza con qualsiasi principio storico di azione e reazione; l’occupazione di spazi è sempre stata uno strumento di lotta, a volte magari usato male, ma mai una causa della crisi. Sarebbe molto più semplice pensare che il Valle (e come il teatro Valle molti altri spazi in Italia, da Milano a Napoli) è stato occupato proprio in seguito alle difficoltà che hanno tolto lavoro, possibilità e speranze a centinaia di artisti. Vedere le occupazioni di spazi come un morbo, addirittura contagioso, invece che come un sintomo e un tentativo di soluzione, rivela una chiusura mentale attribuibile senza troppa  fatica ai vertici della SIAE. Non c’è neanche bisogno di entrare nel merito della correttezza o meno dell’occupazione, degli esiti e delle conseguenze di essa: rimangono affermazioni estremamente superficiali, nate probabilmente anche dalle critiche più o meno dirette che la fondazione Teatro Valle Occupato ha ultimamente rivolto proprio alla SIAE.  Il Teatro Valle Occupato nei giorni scorsi ha organizzato una quattro giorni in cui si discuteva, tra le altre cose, ad una soluzione al monopolio della Siae. Un tavolo di discussione su diritto d’autore e questione SIAE, un  confronto e controinformazione.”

3 Febbraio.
“Una decina di agenti della Digos – raccontano gli occupanti presenti lunedì mattina – si sono presentati in teatro, mentre erano in corso due attività di formazione per professionisti, accompagnati da ispettori del lavoro e della Asl. Abbiamo deciso di non farli entrare e, alla nostra richiesta di chiarimenti, gli agenti hanno risposto che i controlli in corso erano ordinati dalla magistratura a seguito di un’indagine per occupazione. Non abbiamo ulteriori elementi”.

Scrive Monica Pasquino su huffingtonpost.it: “Il fatto accade (forse per coincidenza, forse no) a pochi giorni da una data molto importante per la prima Fondazione che in Italia ha come finalità la difesa e l’autogoverno di un Bene Comune. La Fondazione Teatro Valle Bene Comune, che vanta un capitale sociale di più di 5000 soci e centinaia di opere d’arte donate, ha depositato il proprio atto costitutivo a settembre e ora è in attesa di una risposta da parte del Prefetto, che dovrà esprimersi entro il 12 febbraio per riconoscerne la legittimità.

Nell’ordinamento italiano la fondazione acquisisce la personalità giuridica solo con il “riconoscimento”, un provvedimento amministrativo che compete al Prefetto. Una volta verificate le adempienze di legge per la costituzione, il Prefetto deve riconoscere la fondazione, rifiutare la domanda o chiedere di integrare la documentazione presentata. Entro 120 giorni ha comunque l’obbligo di rispondere. In questo iter la mediazione politica è fondamentale, ma nessuna figura politica (dal Ministro dei beni culturali Bray all’Assessora alla Cultura Barca, dalla Regione al Municipio) ha scelto di “metterci la faccia”, fare una battaglia politica e dire qualcosa in più oltre a generiche dichiarazioni di sostegno.

La vicenda è grave perché in ballo non c’è solo la sorte di una spumeggiante fucina culturale e di un laboratorio artistico, ma la sfida tutta politica che la cittadinanza riesca – da sola e dal basso – a realizzare una forma di gestione che tuteli e valorizzi i beni di appartenenza collettiva che sono garanzia dei diritti fondamentali di ogni cittadino/a.”

12 Febbraio

Dal Sito teatrovalleoccupato.it: “Oggi, 12 febbraio 2014, non ci è stata notificata alcuna risposta ufficiale da parte della Prefettura, né abbiamo ricevuto alcuna richiesta di chiarimenti e/o di integrazione alla documentazione presentata. Siamo consapevoli che la lotta sui beni comuni produce e richiede un profondo cambiamento della cultura politica nel nostro paese. Abbiamo chiesto pubblicamente più volte, in merito, un’interlocuzione con il Comune di Roma e con il Ministero dei Beni Culturali senza ricevere alcuna risposta. Crediamo che pretendere chiarezza e trasparenza sia un atto dovuto per continuare a dare voce alle migliaia di cittadini e artisti, che a Roma e a livello nazionale e internazionale sostengono le istanze della Fondazione Teatro Valle Bene Comune.”

13 Febbraio

Da ilmessaggero.it: “Teatro Valle, niente Fondazione. La prefettura boccia il riconoscimento. «La richiesta non è stata accettata per difetto di presupposti». Le voci trapelate dalla Prefettura di Roma gelano il riconoscimento dello statuto della Fondazione Teatro Valle Bene Comune. Niente da fare per il progetto giuridico del collettivo di artisti che dal giugno del 2011 hanno occupato illegittimamente lo storico stabile. Le ragioni stanno tutte in una «soggetto che non ha i requisiti richiesti dalla legge». Nell’ordinamento italiano una fondazione acquisisce la personalità giuridica solo con il «riconoscimento», un provvedimento amministrativo che compete al Prefetto di Roma.
Le reazioni non sono mancate. «Aspettiamo di leggere le motivazioni del mancato riconoscimento da parte del prefetto della Fondazione Teatro Valle, ma questa decisione è uno schiaffo alla cultura e al lavoro di professionisti seri, che hanno salvato il teatro dalla chiusura», dichiara il coordinatore nazionale di Cantiere Democratico Stefano Pedica. Soddisfatto, di rimando, l’ex sindaco Gianni Alemanno: «Giusta la decisione del Prefetto di bocciare una Fondazione basata sull’illegalità. Non si può costituire una fondazione utilizzando come bene strumentale un teatro pubblico occupato ormai da troppo tempo da persone prive di ogni legittimazione sociale e culturale. Adesso, il prossimo passo è quello di riconsegnare il Teatro a Roma Capitale perché lo possa gestire per il bene comune di tutta la cittadinanza romana».
Intanto, a caldo, dopo l’annuncio della bocciatura da parte della Prefettura, dal Teatro Valle si definiscono «sbalorditi». Per voce dell’attore e regista Hossein Taheri dicono «Comunque non ci fermeranno, andremo avanti con il nostro progetto».”

– Appendice-

Quale può essere un modo, per un artista, di slegarsi dalla SIAE difendendo comunque i propri diritti d’autore?
Beh, un metodo ci sarebbe, basta non iscriversi alla SIAE!
L’etichetta discografica Subcava Sonora, per esempio, non è iscritta alla SIAE ma ha deciso di diffondere le proprie produzioni – sia audio sia video – tramite licenze Creative Commons.
Il Dott. Alfredo Esposito, da tre anni e mezzo presidente della Subcava Sonora ed esperto in materia di copyright ha dichiarato in un intervista a Marco Pipitone su “il fatto quotidiano” che hanno deciso di non iscriversi alla SIAE “perché i criteri di ripartizione economica, sbilanciati verso gli autori considerati “maggiori”, non avrebbero fornito alla nostra etichetta o ai nostri artisti ricavi sensibili ma ci avrebbe altresì privato della possibilità di gestire i diritti legati alla produzione. Inoltre l’iscrizione alla Siae nega la possibilità di scegliere le licenza con cui distribuire le opere, e non volendo sigillare tutto ciò che facciamo con l’etichetta “copyright”, abbiamo optato per una gestione diversa e più funzionale dei nostri diritti e di quelli dei nostri autori.” continua dicendo che “la crisi è del disco e non della circolazione musicale, più viva che mai. I ricavi della Siae non vengono correttamente distribuiti, quindi per noi realtà mediopiccole i risparmi, a partire dal costo del bollino per arrivare alla tassazione sui live, superano di gran lunga gli eventuali ricavi. Per il resto, guadagniamo dalla vendita dei dischi, dal lavoro di ufficio stampa e di booking e attraverso i servizi connessi come la stampa dei dischi, l’organizzazione di eventi o la comunicazione aziendale. Ai gruppi garantiamo sempre il 50% degli introiti derivanti dalla vendita dei dischi, che è una percentuale per noi onerosa ma equa nei confronti delle band.”
Con questo metodo c’è poi un risparmio anche per il gestore di un locale che ospita un evento live perché “Una band che si iscrive alle Siae fornisce a quest’ultima la delega a riscuotere i proventi derivanti dallo sfruttamento dell’opera tutelata. Il che significa che anche se suoni per una serata ad ingresso gratuito in un Arci e lo fai senza ricevere compenso, il club deve pagare la Siae. Per le band non iscritte quest’obbligo non vige perché la delega non viene fornita e, come sottolineato anche dall’Avv. Simone Aliprandi di Copyleft-Italia, alla luce di ultime interpretazioni legislative, non vige neanche l’obbligo di avviso preventivo alla Siae locale. Per un locale che fa musica live tre volte la settimana può significare risparmiare quasi 1000€ al mese.”

Continuate a seguirci su Walk Among Us per aggiornamenti sulla situazione dei teatri occupati!

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Fonti:

http://www.huffingtonpost.it/monica-pasquino/digos-al-teatro-valle-unintimidazione-a-volto-scoperto-in-pieno-centro-a-roma_b_4719871.html
http://www.lamusicarock.com/rock-news/annullata-la-manifestazione-del-club-tenco-al-teatro-valle/
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/11/29/siae-etichette-senza-licenza-come-fare-musica-in-creative-commons/794234/

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