Millenovecentoquattordici #82

Prigionieri di guerra italiani nei pressi di Tolmino dopo la XII battaglia dell’Isonzo e la rotta di Caporetto (vedi qui).

Già.. i prigionieri di guerra, altro capitolo infamante della nostra storia. Spesso le condizioni di prigionia, degradanti, umilianti, mortifere, non si possono imputare al Paese che li tenne prigionieri ma ai Paesi di origine che avrebbero dovuto mantenerli. Per gli italiani, oltre alle questioni economiche nazionali, vennero ad aggiungersi i sospetti di codardia e diserzione, nonché i dubbi sull’opportunità che venissero visti in quelle condizioni da quanti sulla guerra sapevano solo ciò che la stampa aveva (mal) riportato loro, sicché molti dei sopravvissuti, al loro arrivo in Italia, vennero ammassati in altri campi di concentramento e visitati? No, interrogati!! E ne morirono tanti, anche qui, dopo la fine della guerra, dopo essere riusciti a scamparla dalle trincee e dai campi nemici.. Una storia che ha faticato ad emergere anche grazie al ventennio fascista che ha seppellito tutto per poter spedire meglio i figli di questi a morire a loro volta nella guerra successiva.. I “morti ambulanti”, gli zombie delle trincee, non avevano il diritto di tornare. Non avevano il diritto di vivere. E nemmeno i loro figli! E noi siamo i figli dei figli dei figli.. i famosi “posteri” che dovrebbero pronunciare una sentenza. Ma non siamo un tribunale, siamo un’umanità impoverita dalle storie taciute dei bisnonni, dei nonni e infine, anche, dei contemporanei, che non possono vivere dove cadono loro bombe in testa e non possono nemmeno vivere altrove, dove la guerra non c’è. Vivere non è un diritto.

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