Millenovecentoquattordici #12

Charles_Bean_in_Gird_Trench_SommeDi nuovo al fronte! Dopo la “tregua di Natale” torniamo alla follia di una carneficina che ha riscritto col sangue il destino dei popoli d’Europa e del mondo.

A pochi giorni dagli omicidi di Parigi, quando imperversano dichiarazioni allarmanti su quali siano e come si difendano i valori europei, constatiamo come ancora oggi, a distanza di un secolo da quel 1914, non esista una commemorazione condivisa, né una sua rappresentazione, del “caduto europeo” né tanto meno del “caduto internazionale”, ogni Paese ha il proprio caduto, innocente, vittima di una guerra non voluta ma eroicamente combattuta … e fiato alle trombe! Eppure, come esprime sinteticamente in una vignetta Paolo Cossi su “A – Rivista anarchica” n. 394, in un bel piccolo dossier sulla guerra “Abbasso la guerra“, “..io ero una voce che chiedeva -perché?- e dalla mia bocca come dalla trincea, si lanciavano in risposta bestemmie in dialetto” questa parrebbe l’esperienza delle trincee che oggi si solleva dalla terra come uno zombie e viene a sussurrare alle nostre orecchie bestemmie in dialetti sconosciuti, europei e non solo. Un sussurro che possiamo coprire come e quanto vogliamo con i rumori delle macchine che ci circondano e di quella immensa macchina di cui siamo stanchi ingranaggi ormai, fiaccati dall’intorpidimento dei sensi che non devono cogliere queste verità, verità semplici e vitali che dovrebbero giacere seppellite da tanto chiasso e da tanta merda gettate loro addosso in tutto questo tempo. Eppure da queste bestemmie pare emergere già un’Altra Storia di cui la guerra fu solo un accidente,un caso, voluto e pianificato, funzionale a fare degli esseri umani dei meri ingranaggi, impegnato, come al Monte di Pietà, per prenderne il posto ma che non ne ha la dignità, la bellezza, la forza e ora quella dignità, quella bellezza e quella forza ci appaiono cadaveriche virtù da fuggire ma rappresentano quanto di più vivo e vitale ci sorregge oggi nella meschinità di un presente senza storia, senza sensi e senza senso, triste. Basterebbe guardare in basso, giù, dove poggiano i nostri piedi e prestar orecchio ai sussurri e bestemmiare insieme con i nostri morti internazionali, caduti o meno in trincea, nelle piazze, nelle officine e nei campi, per mare e per terra per scoprire quanto abbiamo lasciato uccidere, uno per uno, una volta per tutte, cento anni fa. E per ridestarlo a nuova vita.

Remarque/Bäumer è tornato dalla licenza scoprendo così che non è possibile tornare da questa guerra, una guerra che li ha resi tutti estranei, alienati, come in fabbrica, In trincea troviamo il coraggioso tentativo di esprimere quel perché confuso tra bestemmie, “le guerre servono ai governi e ai generali, che sarebbe un genrale senza una guerra?”, mica le montagne, i fiumi e la terra offendono e uccidono, non sono i Paesi geografici, né i popoli a volerla! E accade che proprio qui, Bäumer uccida per la prima volta, a sangue freddo, un altro uomo come lui..

 

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