Millenovecentoquattordici #08
L’orrore in trincea, l’orrore in letteratura. I morti che camminano in mezzo ai vivi succhiando sangue, smembrando e scannando, affamati di una vita che non possono più vivere.. c’è voluto tutto un secolo, l’800, perché si affermassero, in letteratura, delle creature che oggi ci sono quanto mai famigliari: vampiri e zombie. L’immaginario gotico e del terrore ha un tragico parallelo nel reale e la medicina, tralasciando un facile esempio con il Frankestein della Shelley, non tarderà a indagarlo. Gli stessi reduci di guerra diverranno ottime cavie per lo studio dei disturbi mentali che generano mostri o che dai mostri sono stati generati.
Non-morti le cui tracce si perdono nella notte dei tempi animando le paure dei popoli nel folklore di storie antiche che hanno lasciato impronte in campi anche inaspettati, come l’astronomia., Algol, la seconda stella di Perseo, è la stella del demonio (gul, un genio arabo pre-islamico), l’occhio della Medusa uccisa dall’eroe greco e i gul (ghouls in inglese) diverranno poi con Romero, passando per Lovecraft, i nostri zombie ma in un fumetto di Bonelli compaiono come vampiri nella terra di nessuno tra le trincee della prima guerra mondiale.
E le immagini offerte da poeti, scrittori e artisti vari, diventano cronaca, ad esempio, nello stolto e criminale accanimento di ufficiali che sul fronte italiano giocavano a far ammazzare i sottoposti, facendoli affacciare all’osservatorio di battaglione, sul monte Jeza, come testimonia il fante Lorenzo Meddi in L’Isonzo mormorava di Cesare De Simone. O nella fine dell’offensiva raccontata da Remarque-Bäumer, con la morte di Haje, tra quasi morti che inciampano sui loro stessi moncherini dopo che i piedi sono stati lor trinciati di netto, che si tengono le budella tentando di rigettarsi in trincea.. e chi rimane vivo ci riesce perché non pensa a ciò che vede, a ciò che sente, a ciò che vive. E in fondo è già un pò morto. E si sogna di marciare insieme, vivi e morti, un giorno ma contro chi? Contro chi?