Presidio dei lavoratori dell’Artoni

20140225_63811_artoni_padova_tensione_2Mercoledì 26 febbraio i lavoratori dell’Artoni in lotta sono in presidio sotto la prefettura a Padova, dopo la pesante aggressione poliziesca avvenuta all’alba del giorno prima per sgomberare il picchetto che ormai dura da mesi fuori dai cancelli della ditta. L’atto è molto grave, non solo perchè due lavoratori sono finiti in ospedale, ma anche perchè la prefettura e la stessa azienda vogliono gestire la lotta in difesa dei posti di lavoro come un problema di ordine pubblico.

 

 

I quotidiani locali questa mattina titolano in prima pagina un messaggio tanto forte quanto provvidenziale: “Renzi al lavoro, inizia dal Nordest”. I fatti dell’Artoni rappresentano ancora una volta quella che sarà la gestione delle lotte sociali che il “nuovo” governo applicherà.

Il 1 marzo a Padova è prevista una manifestazione regionale lanciata da ADLCobas che porterà in piazza anche i lavoratori dell’ Artoni in difesa dei posti di lavoro, contro i licenziamenti.

presidioartoni

da Clash City Workers:

Si è svolto stamattina (mercoledì 26 febbraio) un combattivo e partecipato presidio davanti alla prefettura di Padova in seguito al violento sgombero attuato dalle forze dell’ordine ieri mattina all’alba del blocco, portato avanti da fine dicembre dai lavoratori del magazzino Artoni.
Sabato 1 marzo, in concomitanza con la manifestazione nazionale di Bologna, i lavoratori Artoni saranno in piazza per la manifestazione regionale convocata da ADL cobas per aggiungere alle rivendicazioni della manifestazione, quelle della propria specifica vertenza. Appuntamento alle 15.00 alla stazione dei treni di Padova.

La vera faccia del governo Renzi ha impiegato poche ore per mostrarsi. In particolare è apparso subito chiaro il ruolo di Giuliano Poletti, deus ex machina, del mondo cooperativo e nuovo ministro del lavoro. Il mestiere del politico come mediazione dei conflitti sembra messo in soffitta e subito le cooperative del sudore si sono messe al lavoro per sgomberare…

All’alba di ieri, martedì 25 febbraio, il blocco dei mezzi in entrata e in uscita al magazzino Artoni di Padova è stato violentemente sgomberato da Celere e Carabinieri in assetto antisommossa. Ancora una volta le forze dell’ordine hanno svolto le loro mansioni a favore della classe padronale, “ripristinando la legalità” (come da loro affermato) o per meglio dire ripristinando il flusso delle merci rimaste bloccate nel magazzino, e quindi la produzione.
Dal sito di ADL cobas, l’organizzazione sindacale presso cui sono organizzati i lavoratori Artoni: “I lavoratori prima sono stati circondati e poi caricati dalle Forze dell’ordine quando hanno cercato di bloccare i camion in entrata e in uscita. I facchini della Artoni, ai quali si sono associati altri facchini di Bartolini, TNT, SDA e attivisti solidali, hanno resistito e due di loro sono finiti in ospedale”.

Presto si è attivata la solidarietà a ricordare che la lotta nella logistica sa attraversare i confini geografici delle singole vertenze, perchè i confini materiali imposti ai lavoratori di questo settore vanno oltre le mura dei singoli magazzini: i lavoratori di Artoni-Cesena hanno proclamato da oggi lo stato di agitazione, mentre stasera a Bologna si svolgerà un’assemblea convocata dal SI cobas, che intende organizzare nei prossimi giorni delle azioni di sciopero.

Il presidio permanente davanti ai cancelli del magazzino era iniziato in seguito alla lettera di licenziamento inviata la vigilia di Natale ai 41 facchini impiegati all’interno del magazzino presso la cooperativa Emmegierre del consorzio Sicurint Group con un contratto di socio-lavoratore. Allo scadere del contratto di appalto il committente Artoni ha deciso di non rinnovarlo e nemmeno di effettuare il cambio di appalto con una nuova cooperativa, per occuparsi autonomamente dell’assunzione dei dipendenti, avvalendosi di un’agenzia interinale, cosa che consentirebbe di azzerare gli avanzamenti organizzativi raggiunti con le lotte degli ultimi anni e di disporre di manodopera ancora più ricattabile perchè più atomizzata. Avevamo già parlato della vicenda qui.

Al licenziamento di tutti i dipendenti del magazzino di Padova se ne aggiungono diversi altri, per una riduzione dei posti di lavoro totali pari a 95. Dal sito di ADL cobas: “La decisione di Artoni viene motivata da una contrattura del mercato che ha portato ad un calo di fatturato, sulla base del quale è stata avviata la procedura volta a ridimensionare il personale. risulta evidente che la chiusura del magazzino di Padova si configura come un atto di rappresaglia nei confronti dei lavoratori che hanno “osato” difendere il loro posto di lavoro, a fronte di una precisa volontà di eliminare chi in questi ultimi tre anni ha salvaguardato il più possibile la correttezza dell’applicazione del CCNL, comprensiva di istituti contrattuali al 100 % e integrazione per malattia ed infortunio”

La richiesta portata avanti dai lavoratori con il presidio e i blocchi dei cancelli che duravano da ormai due mesi, e interrotti solo in vista degli incontri tra le parti coinvolte in Prefettura, è quella di una soluzione lavorativa per tutti i licenziati.
Alla costruzione del presidio sono seguiti diversi incontri con i rappresentanti di Artoni e della cooperativa mediati dalla Prefettura, che però non hanno prodotto nessuna proposta accettabile dall’ assemblea dei lavoratori ma soltanto il generico impegno dell’azienda a valutare la possibilità di assumere, congruamente alla necessaria riduzione del personale necessario (valutato in 23 lavoratori a full time e 16 a part time), alcuni ipotetici e non meglio quantificati dei lavoratori già impiegati nel magazzino. Alla vaghezza della proposta è seguito il mantenimento dei blocchi del cancello, interrotti soltanto in occasione degli incontri con le controparti avvenuti in Prefettura.
Da uno di questi incontri è emersa una proposta, considerata accettabile dai lavoratori e da ADL cobas ma non ancora messa in atto per la quale “Artoni si era impegnata ad inserire come dipendenti, con contratti a tempo pieno, 20 lavoratori; Emmegierre ad inserirne 5 sempre a tempo pieno, mentre per tutti gli altri si dovevano erogare gli incentivi nella misura di 5000 € netti come base, più 500 per ogni anno di anzianità in Artoni e 500 per ogni familiare a carico.”
Fino ad ora Artoni ha assunto da Emmegierre 11 lavoratori a tempo pieno e 3 a part-time, mentre ha assunto circa 12 lavoratori dall’agenzia interinale a tempo pieno e ha offerto altri quattro posti a part-time a lavoratori ex Emmegierre, ma non ancora formalmente assunti. Il Consorzio Sicurint ha messo realisticamente a disposizione 3 posti di lavoro a tempo pieno.

A questo si aggiunge la proposta che ADL cobas avanzava con l’ultima chiamata al presidio e ai blocchi, cioè la messa a disposizione da parte di Artoni di altri 4 posti di lavoro a full time, con la conferma di Emmegierre dei tre posti già indicati e aggiungerne almeno un altro sempre a full time. In questo caso rimarrebbero esclusi dal lavoro in 17, cui spetterebbero gli incentivi per i quali Artoni si era impegnata.

Venerdì scorso, 21 febbraio, si è tenuto un nuovo incontro, stavolta disertato dai rappresentanti di Artoni, motivo per cui i lavoratori sono tornati a bloccare i cancelli fino allo sgombero avvenuto ieri.