Sulla guerra in Iraq oggi
Data la grande velocità con cui gli avvenimenti si susseguono e vista la grande confusione creata ad arte dai media mainstream, tentiamo, nel nostro piccolo, assieme a un compagno del collettivo Tazebao, di cercare di fornire qualche strumento interpretativo per comprendere la guerra in corso in Iraq.
Il regime di Al Maliki, con l’oppressione contro le masse arabo sunnite del centro nord del paese, ha determinato le condizioni affinché buona parte del popolo di queste zone appoggiasse i fautori del califfato come liberatori. Oggi, per i regimi sunniti, l’avanzata jihadista è un’occasione per destabilizzare e limitare l’influenza iraniana a Baghdad e, nel contempo, un’occasione per gli Usa per tornare a bombardare.
Tentiamo però di avere uno sguardo complessivo, a partire da una dichiarazione datata ma esemplificativa di Wesley Clark, generale statunitense ed esponente del Partito Democratico che, nel novembre 2001, mentre gli Usa conquistavano Kabul, dichiarò: “Attaccheremo sette paesi in cinque anni. Inizieremo con l’Iraq. Poi Siria, Libano, Libia, Somalia, Sudan; ci riprenderemo l’Iran in cinque anni”.
-Rispetto a queste “tappe”, possiamo dire che siano state rispettate dagli imperialisti?
-Un piccolo focus sulle società petrolifere presenti in Iraq, con tanto di contractors privati: Exxon e Chevron le maggiori. L’elenco del Washington’s Blog: 11 compagnie americane, 6 canadesi, 3 turche, tre britanniche più una anglo-francese, 2 degli Emirati e 2 della Russia (una è Gazprom), una francese (Total), una per Austria, Spagna, Ungheria, Norvegia e una per la Cina e per l’India (Sinopec e Reliance) e persino per Sud Corea e Nuova Guinea. (La “nostrana” Eni è in prima linea nello sfruttamento di persone e risorse nel campo di Zubair nel sud Iraq, vicino a Bassora).
-Come leggiamo i rifornimenti di armi ai combattenti curdi contro l’Isis, rispetto anche alla questione petrolifera? E soprattutto chi sono precisamente i curdi che vengono armati? Affrontiamo questi punti anche per fare chiarezza rispetto ad alcuni termini utilizzati nella malainformazione voluta e condotta dai media mainstream.
Buon ascolto!