Opporsi alla guerra imperialista e al nostro imperialismo, sostenere la resistenza dei popoli
Appello alle situazioni collettive e a tutti i compagni a contribuire alla campagna:
“Opporsi alla guerra imperialista e al nostro imperialismo, sostenere la resistenza dei popoli”
Perché una campagna contro la guerra imperialista?
La fase che attraversiamo è caratterizzata profondamente dalla guerra imperialista: barbarie e morte sono all’ordine del giorno, le grandi potenze imperialiste, in particolare quelle della Nato tra cui l’Italia, ci stanno trascinando verso la guerra mondiale dispiegata attraverso tutta una serie di guerre regionali che interessano via via più paesi e aree del pianeta.
È la situazione di crisi sistemica del capitalismo che porta la borghesia alla guerra. La crisi economica spinge le potenze alla contesa armata per accaparrare mercati, materie prime, forza lavoro, per rastrellare i profitti necessari alla valorizzazione dei capitali che, in condizione di sovrapproduzione, non riescono a valorizzarsi.
La contraddizione tra paesi imperialisti e nazioni oppresse si interseca sempre più visibilmente con la contraddizione interimperialista che, acuendosi nella crisi, rende incipiente la tendenza alla guerra tra poli imperialisti rivali, attualmente evidenziandosi nello scontro tra Russia e Cina da un lato e blocco atlantico dall’altro. Le grandi potenze, espressione delle fazioni di borghesia monopolista, devono spartirsi il mondo a suon di bombe, per eliminare i capitali concorrenti come già successo con i due conflitti mondiali.
La stessa propaganda della ripresa globale, con gli Usa in testa, è una gran bufala visto che la crescita statunitense è nuovamente basata principalmente sulla speculazione finanziaria, come era stato negli anni che hanno portato al tracollo finanziario del 2007. L’illusione che questa tendenza potesse ridimensionarsi con l’elezione di Trump è presto svanita con il recente bombardamento sulla Siria, la sperimentazione di nuove armi di distruzione di massa in Afghanistan e le minacce di una guerra atomica in Corea.
Noi pensiamo che se c’è la guerra, ovvero la “continuazione della politica con altri mezzi”, per determinare la nostra politica di comunisti, dobbiamo rovesciare nell’interesse della nostra classe questo assioma, partendo dal dato della guerra per agire nel reale, perché esso influenza tutti i rapporti sociali e le tutte le azioni dello Stato, riversandosi su ogni singola contraddizione che il proletariato e le masse popolari vivono e sulle quali noi dobbiamo intervenire politicamente. La guerra imperialista non è, infatti, solo proiezione esterna dell’imperialismo, nella ripartizione dei mercati, ma è compattamento del fronte sociale interno, rientrando pertanto nella strategia di controrivoluzione preventiva messa in atto dagli Stati imperialisti. Ciò è chiaro, ad esempio, a partire dalla legislazione dei singoli Stati imperialisti che, via via si rafforza il processo di guerra imperialista sul fronte globale, diventa più autoritaria e repressiva. I decreti Minniti sono solo l’ultima concretizzazione di tali passaggi di elaborazione di un “diritto di guerra” sul fronte interno, per tacitare ogni antagonismo politico e sociale e gestire le conseguenze sempre più gravi che il processo di guerra imperialista ha anche nei paesi da cui si sviluppa (immigrazione, attentati, ulteriore taglio delle spese sociali a favore di quelle militari…).
Come mai in questa grave situazione non si sta sviluppando un movimento contro la guerra?
Noi rispondiamo che il motivo principale sta nell’incapacità di elaborare e sviluppare una visione politica di classe, o meglio del proletariato. Questa mancanza di autonomia ideologica porta ad essere subalterni, in un modo o in un altro, alla visione delle cose che, oggettivamente o soggettivamente, collima con gli interessi della borghesia imperialista italiana, europea e statunitense. Questo si è verificato nel corso dei vari conflitti che via via si sono sviluppati negli ultimi anni, dalla Libia fino alla Siria: la propaganda borghese della guerra contro gli “Stati canaglia e contro il terrorismo” ha influenzato e influenza, purtroppo, sia le masse popolari sia ampi settori del cosiddetto movimento antagonista.
Prodotto di questa confusione è una mobilitazione in solidarietà dei popoli che resistono sempre più timida, al punto addirittura per alcuni di appiattirsi sulla propaganda imperialista volta a giustificare le operazioni militari in nome di una presunta pace o democrazia.
Per questo riteniamo importante all’interno della campagna sviluppare anche iniziative di dibattito e momenti di formazione per riappropriarci degli strumenti ideologici necessari a elaborare una corretta lettura della fase e delle contraddizioni che la caratterizzano.
Tutti i popoli vogliono la pace, ma non ci si deve far ingannare dalle parole d’ordine della borghesia, che ha preso questo genuino sentimento delle masse trasformandolo a giustificazione per la sua guerra, costruendo tutto un immaginario di “bombe intelligenti” e “operazioni di peacekeeping” che servono solo ai suoi interessi. Obiettivo della borghesia è, infatti, attraverso un presunto pacifismo, entrare tra le file delle masse per condizionarle ideologicamente e creare desolidarizzazione nei confronti dei popoli aggrediti che hanno risposto con la resistenza e la lotta di liberazione.
“Noi siamo favorevoli all’abolizione delle guerre, noi non vogliamo la guerra. Ma non si può abolire la guerra se non mediante la guerra. Affinché non esistano più fucili, occorre il fucile.”
Rifacendoci a questo insegnamento di Mao Tse Tung, pensiamo che esistono guerre giuste e guerre ingiuste e, di conseguenza, che le guerre giuste, le resistenze dei popoli, siano la sola strada per le masse e vanno sostenute. Ogni guerra va, dunque, compresa nella sua natura e nei suoi obiettivi di classe.
Il pacifismo porta acqua al mulino della borghesia imperialista poiché nega il ruolo delle guerre giuste nel progresso dell’umanità, che oggi significa prima di tutto lotta contro l’imperialismo.
Le grandi borghesie dei paesi della Nato e i loro alleati da decenni stanno conducendo aggressioni su aggressioni: Palestina, Jugoslavia, Iraq, Somalia, Afghanistan, Pakistan, Libano, Libia, Ucraina, Siria, Yemen…I popoli aggrediti rispondono con la guerra di resistenza e di liberazione. Lo scontro tra le potenze imperialiste più aggressive (blocco Nato) e popoli oppressi si interseca con lo sviluppo delle grandi borghesie dei paesi in ascesa sul piano mondiale, come Russia e Cina, costrette anch’esse a rispondere per garantire la loro fetta di ripartizione dei mercati globali. Questo scontro tra potenze imperialiste produce la tendenza alla massima globalizzazione del conflitto, ad una nuova guerra mondiale.
La grande borghesia italiana è parte di questo processo distruttivo. I principali monopoli come Eni, Finmeccanica, Fincantieri e tutta la filiera capitalistica italiana sono protagonisti delle rapina imperialista a danno dei popoli e responsabili di tutto ciò che ne consegue in termini di distruzione delle economie locali, devastazione ambientale, saccheggio delle risorse naturali.. Inoltre l’Italia è il principale crocevia di guerra del Mediterraneo, contando quasi centocinquanta installazioni militari Usa-Nato. È il paese con militari schierati sul maggior numero di fronti di guerra. Ogni governo che passa lega sempre di più il nostro paese al regime sionista di “Israele”, principale avamposto di guerra imperialista in Medio Oriente. Lo Stato italiano spende 64 milioni di euro al giorno in campo militare a fronte di continui tagli alla spesa sociale, ai milioni di proletari che cadono nella disoccupazione, nella precarietà e nella miseria. Contemporaneamente si attrezza sia sul piano della propaganda sia su quello repressivo: militari sempre più numerosi nelle strade con crescente operabilità e dentro le scuole e le facoltà universitarie a tenere lezioni; diffusione dell’ideologia discriminatoria contro gli immigrati verso i quali convogliare il malcontento sociale; nuove leggi di guerra, militarizzazione dei territori, progressiva chiusura degli spazi di agibilità politica e di manifestazione del dissenso che si traduce in denunce, arresti, fogli di via, denunce, arresti, fogli di via.
Per opporci alla guerra imperialista come comunisti dobbiamo dunque considerare entrambi i fronti, combattere in primo luogo l’imperialismo italiano e sostenere la resistenza dei popoli aggrediti.
Di fronte a tutto questo ci impegniamo in questa campagna di mobilitazione contro la guerra imperialista per sostenere i percorsi di lotta che già esistono contro le basi e le installazioni militari e in solidarietà ai popoli che resistono e anche per promuovere iniziative, assemblee e organismi per la controinformazione, l’agitazione, la propaganda, la formazione, il boicottaggio e la lotta.
Vogliamo contribuire allo sviluppo di un movimento contro la guerra imperialista che si collochi nella più generale prospettiva di farla finita, attraverso la lotta di classe e nella prospettiva rivoluzionaria, con un sistema capace solo di generare sfruttamento e barbarie.
Punti e obbiettivi della campagna
Riteniamo importante con questa campagna sviluppare iniziative volte da un lato a rafforzare la solidarietà con la resistenza dei popoli e dall’altro volte contro l’imperialismo di casa nostra, costruendo e partecipando a mobilitazioni, dibattiti, assemblee e organismi contro la guerra e sostenendo e promuovendo la lotta contro le basi e le strutture militari nel territorio dello Stato italiano. Questa campagna dovrebbe essere anche occasione per sviluppare la nostra capacità di intervento nei vari settori, analizzandoli attraverso la lente della guerra: capitale/lavoro; immigrazione; taglio alle spese sociali; scuola e università; militarizzazione del territorio; repressione e controrivoluzione.
Costruiamo organismi contro la guerra imperialista!
10 100 1000 iniziative di formazione, di propaganda, di mobilitazione, di lotta
per costruire il movimento contro la guerra imperialista!
Trasformare la guerra imperialista in lotta di classe!
Collettivo Tazebao