Dal Kampo al campo di battaglia – intervista a Cristiano Armati
La scorsa settimana avevamo parlato dell’assurda proposta della sindaca Raggi per fronteggiare un’emergenza abitativa che a Roma riguarda almeno 30.000 persone. Mentre le assegnazioni procedono con il contagocce (200 annuali), senza considerare volutamente le migliaia di case vuote, l’esponente del Movimento 5 Stelle ha proposto di individuare un’area dismessa in via Ramazzini in cui far sorgere un campo di casette – o per meglio dire baracche – in cui “ospitare” 100 senza casa, in un non meglio precisato circuito di sorveglianza di assistenti sociali, psicologi e consulenti del lavoro. Un progetto pericoloso che trova le sue origini nelle politiche di guerra interna a marchio PD e che, ora, potrebbe diventare realtà. Se nel tempo sono diventati normali e accettabili i campi di concentramento per migranti – denominati prima Cpt, poi Cie, infine Cpr – perché non dovrebbero esserlo anche per tutti coloro che, precari o espulsi dal mondo del lavoro, si ritrovano incolpevolmente senza un tetto sopra la testa? Ne parliamo assieme a Cristiano Armati, per un approfondimento sul progetto del Kampo e per alcuni aggiornamenti sulla lotta persistente delle famiglie sgomberate la scorsa estate, ricordando che vivono ancora per strada con i loro 35 bambini sotto il portico di una Chiesa in piazza Santi Apostoli. Cerchiamo poi di vedere come le politiche di privatizzazioni nella gestione del patrimonio pubblico vadano a braccetto con l’affinarsi e l’inasprirsi dell’apparato repressivo, a cominciare dai recenti 17 Daspo urbani dal Campidoglio nei confronti di chi lotta per il diritto alla casa. Quindi se da un lato ritroviamo la proposta di inaugurare un Kampo di concentramento nuovo di zecca con delle simil-baracche targate Ikea, dall’altro ci sono migliaia di persone che lottano per il diritto alla casa che ha tutte le potenzialità per essere un campo di battaglia in cui la partita è tutta da giocarsi nell’unità tra tutti gli sfruttati.
Buon ascolto!