“Palestina e dintorni”. Conferenza nazionale del Fronte Palestina
Palestina oggi, avanguardia della resistenza internazionalista
A gennaio del 2014 a Roma è stato costituito un organismo la cui denominazione completa è “Fronte Palestina – dalla solidarietà alla lotta internazionalista”, proprio per sgombrare ogni equivoco sul programma futuro e sulle tendenze ad un assistenzialismo sociale che allevia superficialmente alcune sofferenze dei popoli mantenendo inalterate le cause che le determinano, cioè l’imperialismo, il colonialismo, l’oppressione delle classi subalterne e di conseguenza la guerra, la fame e le migrazioni di massa.
Le coordinate che ci siamo dati nel Manifesto fondativo partivano da:
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Sostegno di classe alla resistenza palestinese, riconoscendo in essa una delle punte più avanzate nella lotta contro l’imperialismo ed il sistema di sfruttamento capitalista.
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Anticapitalisti, antimperialisti, antifascisti ed antisionisti, intesi come opposizione al neocolonialismo delle potenze atlantiche in Medio Oriente, Africa, Asia, Est Europa ed America Latina.
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Contro il sionismo internazionale che, nato come necessità espansionistica della borghesia europea ebraica, non è più solo un problema locale, ma si è internazionalizzato per svolgere un ruolo primario nella strategia di dominio del grande capitale internazionale.
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Contro il sionismo italiano e qui entrano in gioco tutti gli accordi economici, militari, industriali, scientifici e di interscambio fra i vari governi italiani e l’entità sionista della quale l’Italia è anche uno dei maggiori fornitori, e cliente, di armi ed alta tecnologia militare.
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Per il diritto al ritorno dei profughi palestinesi, la cui applicazione consideriamo un principio inalienabile ed irrinunciabile.
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Per la liberazione di tutti i prigionieri politici.
L’evoluzione del quadro politico in Palestina e nel Medio Oriente necessitano di un accurato approfondimento, nonché di un aggiornamento delle nostre analisi. Capire la consistenza e la profondità delle vere o presunte contraddizioni createsi fra l’entità sionista e l’amministrazione statunitense a seguito dell’accordo sul nucleare iraniano, le dimensioni e le caratteristiche dei rapporti sempre più stretti fra l’entità sionista e alcune organizzazioni islamiche, sia statali (Turchia, monarchie del golfo, etc) sia definite integraliste. Dall’altra parte, vedere e comprendere la “normalizzazione” in atto nelle zone occupate della Cisgiordania amministrate dall’ANP e l’accettazione anche formale di una inesorabile trasformazione della Palestina in due o più bantustan subalterni all’occupante, dipendenti dalla politica di apartheid e dagli interessi generali del sionismo e dell’imperialismo mondiale, amministrati da diversi Quisling locali.
In questo quadro sempre più ambigua risulta essere la posizione di Hamas, oscillante tra la ricerca di un accordo con l’entità sionista e affannose rincorse per la nuova intifada giovanile, avviatasi in forma inaspettata e trasversalmente all’interno della società palestinese. In tutti i casi con un approccio avverso alla sinistra palestinese, e la liberazione della Palestina verrebbe sottratta agli obiettivi politici del suo popolo e verrebbe rinviata a tempi storici. E’ evidente che una evoluzione di questo tipo comporterebbe un inasprimento della repressione nei confronti della popolazione e delle rimanenti forze di opposizione. Diventa quindi più urgente un sostegno alle forze organizzate della sinistra Palestinese, a partire dal FPLP, e un rinvigorimento della campagna di solidarietà e di sostegno alle lotte dei prigionieri politici palestinesi.
La volontà di organizzare una conferenza nazionale di questo tipo nasce dalla coscienza del fatto che la “Palestina” intesa come necessità di risolvere la “questione sionista” non può più essere considerata come un fenomeno a se stante, ma al contrario va perseguita in un contesto politico, strategico e regionale molto fluido e contraddittorio.
Un contesto contraddistinto dalla guerra come mezzo di risoluzione dei conflitti, ma soprattutto come continuazione con altri mezzi della crisi di accumulazione capitalista; una guerra imperialista che ha come epicentro l’area mediorientale e che, in una escalation di fuoco e di sangue, viene sparsa verso l’Est europeo e l’Oriente asiatico, con l’intuibile scopo di piegare i concorrenti internazionali alle ambizioni del capitalismo a guida USA.
Un movimento complesso e articolato, che nell’ultimo quarto di secolo ha mantenuto inalterati i propri scopi, avendo la flessibilità di cambiare le strategie e le tattiche adattandole alle mutabili condizioni degli spazi politici e delle economie da conquistare. Il tutto passando dai bombardamenti “umanitari”, alle invasioni militari “di pace”, dalle rivolte “colorate” per regime change pilotati, fino alle vere e proprie provocazioni di “falsa bandiera” per orientare gli eventi ai propri interessi sfruttando sapientemente contraddizioni preesistenti, di classe, etniche, religiose e tribali in funzione dell’agenda strategica reazionaria, ridisegnando letteralmente la geografia politica delle zone sotto attacco. Una complessità che ha confuso anche le più consolidate posizioni politiche di classe che, inseguendo proprio l’agenda del nemico spinta dalla sua potente capacità egemonica, le ha manipolate fino a renderle inoffensive.
La Libia, la Siria, l’Ucraina, l’Iraq, lo Yemen, l’Afghanistan – solo per citarne alcuni – vengono devastati e modificati mentre la propaganda reazionaria tenta di spingere all’indifferenza il proletariato europeo o addirittura fomenta la guerra tra poveri strumentalizzando l’arrivo dei rifugiati delle guerre scatenate dai “propri” governi, anche grazie a quella indifferenza coltivata da una sedicente “sinistra”, anche extraparlamentare, sempre più coinvolta nella cogestione manipolatoria della crisi e della guerra imperialista.
Abbiamo deciso quindi di rompere gli indugi ed affrontare alcuni dei nodi contraddittori del discorso politico, ormai venuti al pettine, attraverso una serie di domande da porre pubblicamente e a cui si cercherà di dare delle risposte, anche incomplete, ma che possano contribuire a ricostruire il mosaico dell’analisi di classe, storica e materialista, cercando di strapparla dalle intossicazioni dell’egemonismo del nemico di classe.
Un tentativo di affinare e rinnovare la “cassetta degli attrezzi” politica e teorica, che dia un più ampio respiro alla nostra azione, per trasformare la solidarietà di classe in internazionalismo, per comprendere meglio non solo il fenomeno sionista ma anche i suoi intrecci con la crisi capitalista e la guerra imperialista. Per essere in grado di assumere delle coerenti posizioni politiche, proletarie e internazionaliste, scongiurando il rischio che “il nemico marci alla nostra testa”.
Convegno Nazionale “PALESTINA e DINTORNI”
23 gennaio 2016, ore 09:30 – via Galilei 53, Roma